Alzi la mano chi non ha mai speso cifre considerevoli per la combo chitarra/ampli, cercando il meglio del meglio per modellare il proprio suono! Ma quanti di voi ha considerato anche il plettro nella catena del suono?

Se ci pensiamo, la catena del suono è composta da: (ovviamente le mani… principali responsabili di ciò che udiamo, non raccontiamoci frottole 😛 ) –> plettro –> corde –> chitarra (legno) –> chitarra (pickup) –> effetti –> ampli –> cassa.

Quindi, se escludiamo le mani (che non possiamo cambiare, ma sicuramente plasmare con lo studio), le parti solitamente più sottovalutate della catena del suono sono il plettro e le corde (di cui parleremo un’altra volta).

Ma vediamo cosa cambia tra i vari plettri, sia in termini di feeling che di suono…

Suono: punta, spessore e materiale.

Il suono dipende principalmente da tre fattori: la forma della punta, lo spessore del plettro e il materiale.

Plettri più appuntiti danno un attacco più pronunciato, con le note più definite, mentre più la punta si arrotonda più il suono si sgrana. Il che non è un male, dipende da cosa si vuole. Ad esempio Brian May (mica uno qualsiasi!) utilizzava una moneta da six pence. Inoltre, una punta minore consente di avere meno superficie che colpisce la corda, a tutto vantaggio sia del tempo di esecuzione sia della precisione. Quindi per fraseggi veloci e preciso è meglio usare un plettro da jazz, o uno tipo i Dunlop Big Stubby. Il grande John Petrucci, tra i vari, ha usato anche i Dunlop Jazz III.

Il materiale pure conta molto, anche se non quanto la forma o lo spessore. Come il capotasto della chitarra, più il materiale è duro e risonante, più ricco di frequenze sarà il suono prodotto. Pertanto, plettri in legno avranno un suono più morbido e vellutato, mentre la plastica simile al tusq sarà più aperta, e infine il metallo chiaramente darà un suono ancora più ricco.

Lo spessore consente si mantenere la forma sotto pressione. E’ come la gomma di un’auto o di una moto, se gonfiata correttamente mantiene la forma e quindi l’impronta a terra e l’aderenza ottimale. Più il plettro è spesso e più l’attacco e deciso. Mentre i plettri più sottili perdonano manate da zappa, quelli più spessi rischierebbero di rimbalzare via dalla mano (a quanti è capitato di perdere il plettro dalle mani mentre magari si suonava live, con deciso imbarazzo?). Tuttavia, i plettri sottili consentono anche una dinamica minore di uno bello duro, perchè mentre con un plettro spesso si può scegliere con che forza colpire una corda, quello morbido ha un limite.

Feeling

Questo è tutto personale. Dipende tutto da come si suona, da come si impugna il plettro. I jazzisti generalmente sostengono che dovrebbe sporgere solo una piccola punta dalle dita, ma anche lì è tutto molto personale. Gli stessi jazzisti di solito usano plettri piccoli, mentre la forma standard è leggermente maggiore. C’è anche chi usa plettri di forma triangolare, più grandi dei classici standard.

Infine, per chi fa strumming, un fattore importante potrebbe essere una scanalatura che aggiunge grip, o una forma che consente di avere una buona superficie per consentire la giusta presa.

Una soluzione valida sono gli zeropik: ci sono di tre forme, piccolo, standard spessore normale e standard spessore extra. La caratteristica principale è che hanno un buco al centro per favorire il grip (si trovano anche su amazon). Li ho comprati tutti e tre, e personalmente, nonostante ami i plettri belli spessi, trovo che lo standard con spessore intermedio sia il migliore. Quello più spesso da un suono troppo morbido, dovrebbe avere la punta più pronunciata e il punto di contatto con le corde minore.

Monete

Per un anni ho usato le monete, le ho provate tutte. Le migliori sono quelle da 1, 2, e 5 centesimi. Quelle da 1 e da 5 suonano molto simili, praticamente indistinguibili. Hanno un ottimo attacco, seppur un suono abbastanza morbido (il bordo della moneta è arrotondato). Quelle da 2 sono molto più cattive, addirittura stridule se non si sa dosare bene la dinamica. Il bordo è molto più spigoloso e il suono ne risente.

I six pence? Buoni, ma nulla di eclatante. Il mio consiglio? Con monetine da 2 centesimi, giostrando con delicatezza la pennata, avrete praticamente lo stesso suono. Davvero, provate a usare i 2 centesimi e vi avvicinerete enormemente al suono di Brian May, soprattutto nelle parti ritmiche.

Quindi? Quale plettro scelgo?

Una volta un mio vecchio maestro di chitarra mi rivelò che Santana utilizzava plettri thin, per avere un attacco più morbido. Quindi, ovviamente, subito li provai anch’io per un periodo. un altro maestro, successivamente, però mi disse: “devi essere tu a saper modulare la forza con cui premi sulle corde, se usi un plettro morbido non hai dinamica, mentre se ne usi uno rigido puoi sempre premere di meno per avere un attacco più morbido”.

Attualmente il mio miglior compromesso con la chitarra elettrica sono i Dunlop Big Stubby, quelli più grandi (ce ne sono lunghi 23 mm o della misura standard, 30 mm), con spessore da 3 mm. La plastica di cui sono fatti mi ricorda molto il tusq, quindi posso avere un bel suono ricco di frequenze, se poi voglio tagliare gli alti posso sempre agire dal tono della chitarra. Come diceva Joe Bonamassa in un’intervista, “meglio avere un suono ricco di frequenze e di alti, perchè quando qualcosa c’è lo puoi sempre toglire, ma quando manca non lo puoi aggiungere”.

Nelle parti soliste li uso con la punta, mentre mi sono abituato a girarli in corsa e usarli con la parte arrotondata per le ritmiche, così da avere un suono più aperto e sgranato, simile se vogliamo a una moneta. Ripeto, è sempre un compromesso, se poi voglio davvero suonare un brano dei Queen prendo una moneta da six pence. Nella custodia dei plettri che tengo nella borsa della chitarra comunque ne ho di tutti i tipi.

Infine per l’acustica, se devo alternare parti soliste con ritmiche, vado sempre di Big Stubby, altrimenti se devo concentrarmi solo sullo strumming i Dunlop Nylon Standard 0.60 mm sono i miei preferiti, danno quello “zan zan” sulle corde tipico di una chitarra acustica. E per certi versi mi ricordano pure il clavicembalo.

Tanto lo so che appena scovo qualcos’altro lo compro per provarlo, chi sa quale sarà il plettro definitivo, il suono è sempre in evoluzione e così anche il plettro! 😀

Pubblicato su musicanza.it il: 17/05/2020.